La pagina che non c’era

Emanuela Fagone della IIIAC vince il prestigioso concorso

“La pagina che non c’era” è un concorso piuttosto originale, in quanto unisce la lettura creativa alla scrittura mimetica: i partecipanti devono letteralmente immergersi  nella lettura di un libro e aggiungere una pagina che deve integrarsi con assoluta naturalezza nel testo, in quanto scritta con lo stesso stile e la stessa coloritura che darebbe lo scrittore. E’ quello che ha fatto Emanuela Fagone, della classe IIIAC, con il libro “Comandante”  di Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis, edito da Bompiani, dal quale è nata la sceneggiatura dell’omonimo film pluripremiato.

La pagina della nostra studentessa è risultata la più coerente con il testo ed Emanuela ha vinto il primo premio nel concorso nazionale, per la qualità della scrittura che ha seguito i passi di Veronese e De Angelis in modo fedele. Lettura e scrittura si sono intrecciate nel lavoro portando la giovane scrittrice ad ottenere questo successo, giunto anche grazie all’incoraggiamento della docente di Italiano Valeria Natale e alla profonda convizione della Dirigente della scuola che crede fermamente nella possibilità che ogni agone stimoli gli studenti a fare del loro meglio.

Vi proponiamo la lettura di questa emozionante pagina, complimentandoci con l’autrice:

 

Edoardo De Angelis e Sandro Veronesi: Comandante
Rigo 13, pagina 85, capitolo 23 Stiepovich
È un tempo che sa di sale, come quello del mare che si insinua nelle narici e invade i polmoni. Ma il mare
adesso è la mia trincea e il mio accampamento, territorio sicuro e nemico, è tutto nello stesso momento.
Il sale del mare ora è il supplizio che corrode la pelle dei naufraghi e il ferro e l’acciao del battello.
Esisterà un inferno fatto di macchine, con macchine che tormentano per contrappasso le macchine che
hanno torturato altre macchine quando erano in funzione. Macchine pluridecorate. Saranno fortunate, non
proveranno dolore, andranno in cortocircuito o i loro ingranaggi saranno sparpagliati sul pavimento dopo
aver ricevuto il colpo; io sono come loro.
Non è vero che volevo sostituire Poma, avevo voglia di sparare, e il Comandante lo sapeva. Dietro un
velo caritatevole di soccorso mi apposto come ghiaccio dietro al cannone.
Tengo conto del rinculo dell’arma.
Tengo conto del rumore cavo dello sparo.
Carico il cannone.
Chiudo la culatta.
Miro.
Sparo.
Vedo il fuoco. Osservo il mio stivale sbucare dal vuoto, la mia gamba ora è sparsa qua e là iniseme ai
resti della granata, la risposta nemica. Ho preso il bersaglio. Poi ho preso il loro cannone. È finita.
Il Comandante tiene il mio viso volto verso l’alto per ammirare il mio sacrificio: via una macchina per
una vita. Quello era il mio compito. Perché allora votare un’intera esistenza alla guerra se non si è disposti a
morire?
È violenza brusca e realistica, che permea nell’animo di ogni brutale combattente, per questo
abbassiamo il passamontagna, tutti si infervorano per l’adrenalina, io vedo solo uomini che si nascondono
perché non sono più umani, macchine che hanno la bandiera arrotolata sul pennone. Vedo il fuoco, sì, che
affonda i miei esecutori, è lo stesso, ammazza anche loro.
Esisterà un paradiso fatto di macchine che si prenderanno cura degli uomini che hanno affondato
macchine che trasportavano uomini. Chiudo gli occhi. Spiro. Vado a scoprirlo.